L’uso della Bozza sul Rimorchiatore | di Gatti Carlo
Un artificio che viene da lontano…
C’era un tempo, che si può dire definitivamente archiviato agli inizi degli anni ’90, in cui la tecnica di rimorchio, usata nei porti principali del mondo, era molto complicata.
Ogni rimorchiatore portuale aveva una sua particolare “costruzione navale” che risentiva dell’età, della provenienza e dell’impiego.
La seconda guerra mondiale aveva poi immischiato le carte, cioè i motori, le architetture, le funzionalità, la logistica. Molti rimorchiatori erano residuati bellici: scafi grandi con scarsa potenza e scafi piccoli con grande potenza. C’erano macchine a vapore e motori Diesel che, con il freddo della tramontana, si mettevano in moto soltanto per opera di mani “sapienti”, che avevano ricevuto il crisma segreto di qualche “mago-sacerdote”…
Il Comandante Rr era la prima vittima di bordo e, se voleva “vedere” il rimorchio e il pilota, doveva lavorare sulla porta aperta del ponte di comando, perchè le scialuppe di bordo, (mai messe in mare), le gigantesche maniche a vento e le ciminiere sproporzionate, davano sicuramente prestigio e visibilità alla Società RR, con la loro imponenza, ma la toglievano al Comandante che, spesso, era costretto a ballare da una parte all’altra come un macaco, non solo a causa del freddo, ma per lavorare, che era la prima necessità di guadagno per tutti, soprattutto per gli armatori. Ovviamente la radio VHF era ancora in fase di studio…
Era un tempo in cui i “principali” – com’erano chiamati allora – preferivano assumere i “rivieraschi”, sicuramente per le loro doti marinaresche, ma soprattutto perché alla sera non ritornavano alle loro case e rimanevano “ospitati” a bordo per tutta la settimana, facendo la guardia “gratis” al rimorchiatore.
Poi… nel 1968, anno d’importanti rivoluzioni, apparvero in scena i primi “Rotori” a sistema cicloidale, che a vederli lavorare in coppia con i rimorchiatori di legno, veniva naturale riderci sopra, perché davano, nell’insieme, l’idea bizzarra della “multietnicità ante litteram”. Si trattò di una breve e strana convivenza di mezzi estremamente eterogenei, che avevano la stessa funzione di rimorchiare navi, ma con capacità diverse. Da questo quadretto atipico emergeva soprattutto la duttilità e lo spirito d’adattamento dei cosiddetti “ultimi barcaccianti”.
Era un’epoca in cui, ovviamente, anche le navi che approdavano a Genova si dividevano in piroscafi e motonavi, in moderni “container” e gigantesche petroliere, nel “navalpiccolo” e persino qualche motoveliero che ormeggiava alla darsena e alle calate interne.
Nel panorama navale di quegli anni, anche il piccolo Bengasi di legno, alla fine della giornata, aveva tanti ganci come gli altri rimorchiatori più richiesti e blasonati.
In queste poche note introduttive s’intuisce, tuttavia, la spiegazione di quello strano fenomeno che legava il nome del rimorchiatore al suo Comandante.
Citiamo soltanto un esempio: quando gli americani sbarcarono in Normandia il 4 giugno 1944, dovettero portarsi da casa anche i rimorchiatori portuali, per aiutare una flotta di 5.000 navi a districarsi in acque ristrette o, per meglio dire, per evitare che si dessero delle pruate durante l’invasione sulle famose spiagge di Ohmaha-Juno-Gold ecc…
A guerra conclusa, i rimorchiatori superstiti del D-Day furono acquistati e impiegati in diversi porti Europei.
Molti ricorderanno quelli approdati a Spezia e Savona. A Genova arrivò soltanto l’Algeria, che aveva il cassero rotondo e caso unico nella flotta genovese, era dotato di due eliche sinistrorse e diverse altre peculiarità tecniche.
Il comandante “Carlin” prese il comando dell’unità e rimase, per l’eternità, l’unico conoscitore di quello strano rimorchiatore, e presto dovette rassegnarsi a rimanere a bordo fino al giorno del suo pensionamento, che coincise con la demolizione del mezzo ex-USA, avvenuto moti decenni dopo.
Ogni rimorchiatore, come dicevo, aveva la sua storia ed era diverso da tutti gli altri: il Forte era un rimorchiatore d’altomare a vapore, lungo quasi 40 metri, che si adattò al lavoro portuale per almeno trent’anni al comando del suo fido comandante “Claudio”.
Lo stesso discorso si potrebbe fare per Olanda, Iberia, Finlandia, Tripoli, Libano e altri vecchi mastini considerati “fuori serie”.
I comandanti e i direttori di macchina dovevano, teoricamente, essere in grado di “girare” e manovrare tutti i rimorchiatori della Società RR, e questi personaggi dovevano possedere nelle mani e nella testa, la capacità di gestire almeno cento anni di progresso tecnico-scientifico, distribuito su una flotta di circa 45 unità, che rappresentavano tutto ciò che c’era di più vecchio e superato, ma anche quanto ci fosse di più moderno al mondo in quel momento; infatti, con l’entrata in servizio dei “Rotori”, la Società cambiò pagina e anche mentalità.
Era l’epoca in cui i Comandanti più esperti del momento: Garilli, Pasqualin e Vittorio ricevettero l’agognato riconoscimento di passare alla guida (avevano il volante come gli autobus) delle tre uniche novità tecniche, che apparvero sulla scena portuale dalla fine della guerra: i “Rotori”, sui quali i tre moschettieri montavano di guardia in cravatta e camicia bianca, in simbiosi col nuovo ambiente di bordo che risultava troppo pulito e asettico, rispetto al resto della flotta che, lavorando, sbuffava ancora nuvole di smoke nero, puzzolente e concentrato di polverino assassino.
Dal 1968, gli stregoni in tuta blu dell’officina di Ponte Parodi cominciarono a chiamarsi “tecnici” e indossarono una candida tuta bianca – stile-NASA – e dal taschino spuntavano penne colorate, un calibro, dei cheaps e giravano sempre con i disegni e i manuali delle istruzioni… Gli equipaggi capirono, e si convinsero, che le navi in entrata e in uscita dal porto potevano essere rimorchiate con un nuovo sistema, che era più sicuro, elegante, veloce e, quando s’accorsero che finalmente potevano godere di una logistica pari a quella delle loro abitazioni, di notte si fermavano a bordo e ringraziavano di cuore gli armatori, senza sentirsi presi per il c… a causa del guardianaggio notturno, di un tempo, non retribuito.
Tuttavia, com’è noto, le trasformazioni e i cambiamenti radicali, si chiamano epocali proprio perché sono costosi e lenti da compiersi fino in fondo. Così che i rimorchiatori un po’ speciali, quelli tirati su dal fondo e più difficili da interpretare, hanno avuto una lunghissima vita e poi, molti di essi, furono riciclati e venduti ai porti minori e forse lavorano ancora; magari in “bozza”…..!
Ma che significa “BOZZA”???
Abbiate ancora un attimo di pazienza e consentiteci di fare un passo indietro!
Come dicevamo… per altri vent’anni invalse l’uso, da parte del pilota, degli ormeggiatori e del resto dell’ambiente portuale, di chiamare il rimorchiatore con il nome del suo Comandante che, di coppia con il fedele direttore di macchina, ne diventava lo “specialista”, il manovratore che conosceva, tante volte in esclusiva, i segreti più intimi, i vizi, i pregi, i difetti, le reazioni e soprattutto il comportamento in manovra. Già, specialmente in “bozza”.
Molti non lo sanno, ma fu il rimorchiatore azimutale, chiamato modello UNICO, introdotto negli anni ’90 in tutti porti “trafficati” del mondo, a dichiarare superato e inutile il tradizionale rimorchiatore a elica e il famigerato uso della “bozza”.
Il tramonto di questa complicata manovra subentrò quando finalmente gli architetti e gli ingegneri navali decisero che il gancio, dal punto giratorio centrale del rimorchiatore, poteva essere spostato verso poppa. Questo progresso tecnico fu possibile grazie all’invenzione di nuovi sistemi di propulsione e di governo. Vale a dire, della capacità dell’UNICO di spostarsi anche lateralmente e alla velocità impressa dalla potenza stessa delle sue macchine.
Purtroppo, fino all’introduzione del nuovo ciclo tecnologico, l’uso di abbozzare il cavo da rimorchio sulla poppa era una necessità: nasceva nel momento in cui il rimorchiatore funzionava da freno e tirava nella direzione opposta a quella del convoglio dal quale era trascinato.
Essendo il gancio da rimorchio posizionato al centro, il rimorchiatore senza bozza sarebbe stato trainato di traverso, cioè a 90° rispetto al moto stesso. In questa pericolosa posizione di grande sbandamento, poteva imbarcare acqua e affondare. Com’è noto, in quel periodo, i rimorchiatori avevano un notevole pescaggio (4/6 metri) e la pressione esercitata sullo scafo era proporzionale alla velocità della nave.
Possiamo quindi affermare, senza tema di smentite, che il rimorchiatore, da quando nacque verso la metà dell’800 sino all’avvento dell’ultimo modello, ha dovuto usare, per circa 150 anni, il marchingegno della “bozza” per sopravvivere….
Le occasioni d’impiego erano molteplici e qui possiamo ricordarne alcune:
– Quando la nave indietreggiava, ad esempio verso il suo posto d’ormeggio in banchina.
– Quando la nave faceva movimento tra una banchina e l’altra “senza macchina”.
– In navigazione in canale con macchina in avaria.
– Trasferimento di nave in disarmo, da un bacino all’altro, da un porto all’altro.
– E, naturalmente, in tante altre situazioni che sarebbe impossibile, qui, analizzare.
In quegli anni, il rimorchiatore più potente e pesante del convoglio prendeva uno o due cavi a poppa della nave, mentre il più leggero e manovriero lo prendeva a prora, e metteva la bozza essendo facilitato nello spostamento laterale e più reattivo e agile nella manovra in generale.
Ma ora lasciamo questi brevi appunti di storia portuale per inoltrarci, cautamente, in quei meandri della didattica di manovra che non ha mai scritto e spiegato…. nessuno: La Bozza!
Avete capito bene! Ogni Comandante, o aspirante tale, doveva imparare l’uso della Bozza a sue spese, per sentito dire e per aver visto… senza aver fatto commenti…in segreto. E poi era anche così difficile da spiegare che, anche i più democratici di loro, non trovavano le parole giuste……
Proviamo ora, nel 2007, per il puro gusto della ricerca d’archivio, a entrare nel dettaglio di questo arcano mistero per svelare quel poco che ci è rimasto di quei ricordi ormai lontani, travolti e passati di moda, anzi da tante mode….
Siamo nel 1968 ed entriamo in cronaca diretta….
In condizioni meteo normali, una nave di media stazza, in arrivo, prende due RR e li attacca: uno a prora e l’altro a poppa. L’ormeggio finale è un pontile a dente del Porto Nuovo di Sampierdarena (Ge).
Il convoglio procede in canale trainato dal rimorchiatore di prora. Quello di poppa segue la nave lateralmente “alla via” (in genere sopravvento). Quando il convoglio arriva nella zona vicina all’ormeggio, si ferma tra le due testate, la nave viene girata e poi inizia a indietreggiare.
I Regolamenti Portuali prevedono, per ragioni di sicurezza, che la nave ormeggi con la prora fuori, per essere pronta a muovere in caso d’emergenza.
Il rimorchiatore posizionato a prora, ha avuto nella prima fase, in canale, una funzione propulsiva. Nella seconda fase, quella giratoria, aiuta la nave ad accostare per farle assumere la posizione parallela alla banchina. Durante l’accostata, il Comandante del rimorchiatore prodiero deve trovarsi nella giusta posizione per trattenere e calibrare la battuta della nave verso la banchina, ma deve essere anche pronto a mettere la bozza, perché la nave sta già indietreggiando.
Rapidamente, anche manovrando indietro con la macchina, dovrà creare l’imbando del cavo da rimorchio, farlo poggiare in coperta, possibilmente nella zona poppiera centrale del rimorchiatore, permettere ai marinai di bloccarlo con una bozza all’apposita bitta a croce, dargli il tempo di dare volta in sicurezza e, infine, far venire lentamente il cavo in forza senza strappare le bozze.
Se la nave deve indietreggiare di 100/200 metri, è facile che prenda abbrivo, allora il Comandante del Rr in “bozza” dovrà trovarsi sempre nella giusta posizione, pronto ad aiutare la nave:
– allargandola dalla banchina,
– oppure portandola verso la banchina, in funzione della direzione e forza del vento e delle battute che essa prenderà.
Il Rr in bozza è trascinato, quindi subisce la velocità del convoglio. Per questo motivo si trova nella sgradevole situazione di passività, con il rischio di diventare ingovernabile, ciò significa che potrebbe non risponde ai comandi del timone e quindi di non poter più essere utile alla nave, non solo, ma di esserle di danno.
A questo punto il Comandante del Rr in bozza deve fare appello al suo decisionismo, freddezza, abilità, tempestività. Deve tenere sotto controllo la velocità della nave. Non deve farsi travolgere in una corsa pericolosa e senza senso.
Per ottenere questo, ha due armi a disposizione:
1° – Frenare il convoglio.
Pur assecondando il moto indietro della nave, deve conservare una riserva di potenza che gli consenta, in qualsiasi momento, di realizzare la sua manovra: scivolare in modo agile, da un lato all’altro della nave, per correggere, fare da timone e salvaguardare la nave da collisioni contro le opere portuali, ostacoli vari o altre navi.
2° – Allascare la bozza.
Nell’attimo in cui la nave è sotto controllo, diminuisce il tiro, il cavo viene in bando e
il Comandante Rr fa allascare la bozza di uno/due metri per acquistare agilità di manovra.
La quantità del lasco dipende dall’accostata che prevede di fare, sulla base delle difficoltà in corso (buio, presenza di vento, corrente, nave scarica o di grande pescaggio, presenza di altre navi, di mancine ecc…)
La buona riuscita della manovra dipende dal coordinamento tra i due rimorchiatori, che conoscono esattamente le difficoltà uno dell’altro, in ogni momento. Ma non è sufficiente! Per il buon esito della manovra, il pilota della nave deve sempre valutare in anticipo se la velocità assunta dalla nave, in un dato momento, sia quella giusta e non superiore alle capacità di recupero del rimorchiatore in bozza in quelle particolari condizioni.
Da queste brevi considerazioni, si evince l’importanza del ruolo giocato dalla conoscenza reciproca tra Piloti e Comandanti Rr, tra gli stessi Comandanti Rr e, soprattutto, l’obbligo di tutti i partecipanti alla manovra di conoscere a fondo le qualità e le difficoltà del rimorchiatore in bozza in ogni momento della manovra.
Spulciando nei nostri ricordi personali, dobbiamo dire d’aver visto all’opera degli autentici artisti. Mi riferisco ad alcuni Comandanti Rr che, nei momenti di grande difficoltà causati dal forte vento, inventavano balletti prodigiosi, in silenzio e con estrema facilità, e si trovavano sempre nella giusta posizione.
Era bello guardare la manovra più temuta del porto, trasformata in un raffinato spettacolo per pochi fortunati, che potevano godere dal vivo di quelle rare acrobazie scturite direttamente dal manuale dell’arte della manovra. Non fraintendeteci! Non stiamo parlando del manuale scolastico, ma di quello magico, che l’intuito marinaresco sa donare soltanto ai più sensibili uomini di mare.
Durante queste manovre il Pilota e il Comandante del rimorchiatore non si parlavano mai, non si scambiavano fischi, commenti ecc… era il segnale “che si capivano al volo”! E la manovra riusciva perfetta perché era corale, d’équipe, senza protagonismi, senza isterismi.
Saper lavorare in bozza era quindi il termometro che misurava la capacità tecnica di un Comandante Rr. Essi erano bravissimi, bravi, così-così, oppure scarsi, in funzione dei pericoli che, in generale, facevano correre alla nave e al loro stesso equipaggio.
Lo standard delle capacità dei barcaccianti è sempre stato elevatissimo per tradizione.
Per molti decenni sono stati considerati i migliori del mondo e certi lusinghieri giudizi li abbiamo ascoltati con i nostri orecchi di piloti… ex-barcaccianti!
Quando entrarono in linea i tre super-manovrieri “Rotori”: INDIA, ISTRIA e PANAMA, toccò a loro, a furor di popolo, dover occupare il posto della bozza perché, di fatto, avevano il gancio a poppa e non temevano, come gli altri Rr, di essere traversati e rovesciati nel moto indietro e, inoltre, erano anche dotati della spinta laterale che garantiva alla nave prestazioni mai viste prima.
Tuttavia, occorre anche precisare, che nella storia dei Rimorchiatori portuali genovesi ci sono stati dei “vuoti tecnici generazionali”, dovuti anche alla gelosia di tanti anziani Comandanti che, come molti Piloti della stessa epoca, erano contrari a lasciar la direzione della manovra agli allievi in prima persona.
Probabilmente la Società RR sarebbe dovuta intervenire, nominando Istruttori, alcuni dei loro più giovani e bravissimi Comandanti: Marietto, Ragonetto, Florindo… con lo scopo di stabilire una programmazione dei “quadri” e imporre una visuale operativa meno personalizzata e meno mitizzata del lavoro.
A difesa della vecchia generazione, possiamo affermare che i Comandanti Rr di quei tempi, come pure tanti Piloti del Porto, si “erano fatti” da soli, spesso attraverso storie personali difficili, di guerre, affondamenti, miserie e sofferenze. Avevano avuto poco e in epoche assurde e antidemocratiche.
Quel poco era la loro ricchezza e non erano disposti a cederla…
9 Commenti
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Grazie per queste condivisioni, sono interessantissime.
Grazie!
Interessante!
Interessante!
bello e interessante
Grazie, Il comandante Carlo Gatti è un esperto nel settore e ci racconta storie sempre molto interessanti!
Grazie. molto interessante
Grazie a te per il commento.
Grazie mille. Io sto costruendo un modellino di rimorchiatore e trovo molto interessanti le tue spiegazioni