Un Punto di Vista dalla Pilotina … | di Claudio Fuzzi
Per raggiungere le navi da manovrare, i piloti utilizzano particolari imbarcazioni chiamate “pilotine”.
Si tratta di motoscafi la cui lunghezza varia – nei porti italiani – tra i 35 e i 42 piedi; solitamente vengono costruite in cantieri nazionali, anche se spesso, quando necessitano scafi specifici per il cattivo tempo, si utilizzano scafi “Nelson” universalmente riconosciuti tra i più affidabili al mondo.
In alcuni paesi, specialmente del nord Europa, i piloti stazionano a bordo di vere e proprie navi in attesa del servizio di pilotaggio da fornire e per spostarsi utilizzano dei tender che arrivano anche a 30Mt. di lunghezza (vedi foto sotto), mentre in Italia la stazione Piloti è sempre sulla terraferma da dove si parte per coprire percorsi di poche miglia.
I “pilotini” o “pilotinai”, sono marittimi regolarmente imbarcati che vengono assunti dalle locali corporazioni in base ai titoli previsti dal Codice della Navigazione, per l’esperienza maturata in mare e per l’abilità che dimostrano nella manovra dei mezzi.
Ormai sono molti anni che svolgo con grande soddisfazione questo splendido mestiere e, assieme ai miei colleghi, abbiamo macinato migliaia di miglia nello specchio acqueo del porto di Ravenna.
La sinergia con i colleghi e con i piloti è fondamentale per contenere i rischi insiti in questo lavoro e la fiducia che il pilota ripone nel pilotino durante il trasbordo è un riconoscimento tangibile di grande soddisfazione.
Fare il pilotino, non è solamente “svolgere un lavoro”, perché la perizia che si conquista con l’esperienza rende questo mestiere una componente fondamentale per la sicurezza nei bacini portuali.
L’ Italia conta 42 corporazioni di piloti che utilizzano numerose pilotine per lo svolgimento del servizio.
Non tutte le pilotine sono uguali: a seconda delle condizioni meteo-marine ci sono caratteristiche costruttive che assumono differente importanza. Quando il mare è calmo, ad esempio, è preferibile utilizzare uno scafo leggero che fa meno onda, consuma meno ed è più veloce; con mare formato, al contrario, i consumi e la velocità perdono d’importanza e diventa preferibile utilizzare un’imbarcazione più pesante, che sia in grado di affrontare meglio le onde e, soprattutto, che sia più stabile e controllabile durante i trasbordi dei piloti.
A questo proposito posso dire, secondo la mia esperienza, che gli scafi “Nelson”, nelle avverse condizioni meteo-marine che spesso interessano le nostre acque, fanno la differenza in termini di tranquillità e sicurezza.
La porzione di mare Adriatico antistante il porto di Ravenna, infatti, essendo per conformazione terrestre poco profonda (70Mt. nel punto più basso), causa, in caso di raffiche di vento improvvise dal quadrante di NE (La Bora, il nostro vento di traversia), il passare da mare calmo a mare forza 7/8 molto rapidamente.
Scafi da lavoro, sicuri e robusti sono una condizione indispensabile per lavorare col cattivo tempo.
Un’altra caratteristica di questo porto è la nebbia: cala così improvvisa e densa che a volte non si riesce a vedere la prua della pilotina stessa. È per questo motivo che le nostre imbarcazioni sono dotate di: radar black box con informazioni A.R.P.A., di transponder AIS con doppio ricevitore e doppio schermo per la condivisione delle informazioni radar/plotter, di doppio GPS per un sistema completamente ridondante – indispensabile in caso di malfunzionamenti – e, limitatamente a una pilotina, di termocamera a infrarossi, molto utile per la visione notturna e in caso di ricerca di uomo a mare ma, purtroppo, meno efficace con la nebbia densa, in quanto le goccioline d’acqua formano un “muro” che rende poco chiara la visione.
A condurre questi moderni e attrezzati mezzi ci sono uomini che giornalmente si addestrano per ridurre al minimo i rischi insiti nello svolgimento della loro professione.
Un sesto senso, che si affina durante i turni in pilotina, porta a capire, nelle fasi di abbordaggio, il livello di professionalità dell’equipaggio della nave: da come è stata posizionata la biscaglina e osservando il modo di interagire dei marinai e dell’Uff.le che assistono all’imbarco/sbarco del pilota, si può intuire se questi avrà la giusta assistenza o se sarà necessario prestare attenzione “extra” all’intera operazione.
Purtroppo la buona marineria sta lentamente scomparendo e troppo spesso armatori, nascosti dietro a “bandiere ombra”, antepongono il profitto e il risparmio alla sicurezza della navigazione imbarcando equipaggi che sembrano letteralmente strappati dalle taverne dei porti a forza, come nei libri di Patrick o’ Brian.
L’imbarco e lo sbarco del pilota sono i momenti più delicati e critici di questo lavoro.
D’estate, con il mare calmo e il bel tempo, i rischi appaiono ridotti, ma durante i mesi invernali le operazioni di abbordaggio sono complicate dalle condizioni meteo-marine sfavorevoli e i rischi crescono di conseguenza.
A Ravenna, in un anno, le pilotine compiono viaggi per circa 2700 Mg. Centinaia di manovre al mese che rendono l’operazione di accosto della pilotina alle navi in movimento una prassi abituale.
Quando però, queste operazioni vengono svolte con il maltempo, la situazione si fa più complessa e diventa necessario tenere conto di diversi fattori: vento, moto ondoso irregolare, movimenti di rollio e beccheggio, correnti. Spesso si hanno condizioni di mare “incrociato”, ad esempio moto ondoso da SE e vento da NE e, considerando che l’imboccatura del porto canale di Ravenna è verso W, il buon ridosso diventa impossibile: in uscita non è raro che il pilota si debba bagnare durante il trasferimento nave-pilotina e in entrata, la nave in avvicinamento, si porta dietro la propria onda che può raggiungere anche i 2 mt. di altezza nel lato più ridossato.
Quando il mare è incrociato, la nave si trova con un bordo investito dal vento che agita il mare rendendo le onde “vive” e con un bordo a ridosso dal vento, ma non dal moto ondoso, che la costringe a “rollare”. L’abilità del pilotino, sta nel percepire il momento giusto in cui far combaciare il rollio della nave con il beccheggio della pilotina dovuto all’onda proveniente da poppa, calcolare il risucchio della pilotina dovuto all’accostata e riuscire a far collimare perfettamente il predellino situato sulla pilotina con la biscaglina della nave.
Al tempo stesso, il pilota pronto a trasbordare, deve “cogliere l’attimo” per salire sulla nave ..e non sempre il primo tentativo va a buon fine. In quei momenti la tensione può salire alle stelle.
Il passaggio è realmente delicato e non deve mai avvenire quando la pilotina si trova nell’incavo dell’onda, perché quando questa riemerge, e raggiunge la cresta, il pilota si trova ad avere – durante “l’arrampicata” – il corpo esposto al pericolo di contatto con lo scafo della pilotina stessa.
Lo scalandrone delle combinate, in casi come questo, rende ancora più difficili le manovre, in quanto si rischia di urtarlo con le infrastrutture della pilotina.
Nel nostro lavoro i pericoli sono ovunque: tronchi sommersi che dopo le piene del vicino fiume Po’ diventano detriti in cui le eliche si storcono con colpi secchi; groppi di vento improvvisi che modificano le condizioni meteo in un lampo; persino diportisti che si piazzano in mezzo al canale navigabile incuranti dei tempi di reazione che ha una nave e che ignorano il cono d’ombra che parte dal ponte di comando e può arrivare a centinaia di metri oltre la prua.
Personalmente la parte che più mi affascina di questo mestiere è l’imprevedibilità che rende ogni giorno diverso e ti costringe a prendere decisioni rapide in situazioni dove gli unici scopi sono quelli di salvaguardare i mezzi e la vita delle persone che a te si affidano.
Sono una persona molto fortunata!
Ci sarebbe ancora molto da dire e penso che prossimamente scriverò di altri aspetti della nostra professione e dei nostri mezzi che sono poco noti anche agli “addetti ai lavori”. Motori e problematiche connesse, attrezzature di recupero, regolamenti e procedure, ecc. il tutto condito con immagini reali e mirate, per condividere momenti speciali di uno dei mestieri meno conosciuto al di fuori dell’ambito portuale.
Claudio Fuzzi
Pilotino del Nord Adriatico
3 Commenti
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Si tratta di certo di un lavoro di grande responsabilità, non privo di pericoli, che richiede prontezza e capacità di adattarsi a momenti e a situazioni differenti!
Vi ho sempre guardato con ammirazione e stima.
Complimenti da parte di una velista da diporto.
Grazie per il commento. Effettivamente esistono numerosi lavori “particolari”, poco conosciuti e che richiedono abilità specifiche. Quello dei “pilotini” è senz’altro uno di questi.
Nell’articolo si accenna alle qualità marine degli scafi Nelson. Di seguito il link alla pagina facebook in cui il nostro amico Gio Drone, che spesso ci fornisce delle splendide immagini aeree, ci mostra la pilotina e Claudio Fuzzi (l’autore di questo articolo), in azione!
https://www.facebook.com/giodrone/videos/vb.570376893301542/593753837630514/?type=2&theater